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La definizione più accreditata di apprendimento auto-diretto (SDL) proviene dal teorico dell’educazione Malcolm Knowles (1975) che lo ha definito, riferita agli adulti, come:
“un processo in cui gli individui prendono l’iniziativa, con o senza l’aiuto di altri, nel diagnosticare i propri bisogni di apprendimento, nel formulare obiettivi di apprendimento, nell’identificare le risorse e i materiali per l’apprendimento, nella scelta e nell’attuazione di strategie di apprendimento appropriate e nella valutazione dei risultati dell’apprendimento”.
Secondo Knowles, l’apprendimento è visto come un “processo”. È un’azione che si svolge attraverso l’esperienza e la riflessione. Non è legato a un blocco di corsi o a un’attività dettata da un piano di lezioni. Inoltre, ciò che differenzia la SDL da altri approcci pedagogici è il posizionamento del discente come centro attivo di questo processo. Il discente prende l’iniziativa del proprio apprendimento. Questo non vuol dire che non possano esistere stimoli o provocazioni dall’esterno – dall’insegnante, dall’ambiente o dalla situazione – che spingano l’allievo ad andare avanti, ma la decisione di entrare nell’esperienza, di avviare il processo, spetta esclusivamente all’individuo.
Come si sviluppa il desiderio di imparare? Meyer (2001), ha scomposto il desiderio di apprendimento di un individuo nelle seguenti componenti:
- Circostanze: La nostra percezione di chi siamo e del nostro posto nel mondo. Si tratta di convinzioni che un individuo eredita dalla famiglia, dall’ambiente e dalle esperienze di vita.
- Espressione: La capacità di una persona di farsi conoscere e di articolare i propri pensieri, obiettivi e bisogni.
- Identità di gruppo: Il proprio posto all’interno di un gruppo (unità familiare, gruppo di lavoro o società in generale). La convinzione di possedere capacità e talenti che sono produttivi per il gruppo nel suo complesso influisce sul desiderio di apprendere.
- Crescita ed equilibrio: Simile all’eudemonia di Aristotele, è la capacità di prendere decisioni sagge e informate sulla base delle opzioni disponibili. Questa caratteristica si sviluppa attraverso le prove e le avversità.
- Problemi d’amore: La capacità di sperimentare contemporaneamente pace, serenità e potere.
- Abilità comunicative: La capacità di creare spazi di comunicazione aperti, luoghi in cui si può essere se stessi e allo stesso tempo accogliere gli altri per dare e condividere.
- Abilità di cambiamento: La capacità di adattarsi ai nuovi problemi che si presentano
Le componenti di Meyer (2001) sono viste come background, esperienza o contesto, ovvero ciò che gli individui acquisiscono dall’ambiente e dalle interazioni familiari che danno forma ai loro concetti di libertà, potere e cambiamento. Park e Confessore (2002) hanno sostenuto che la formulazione di Meyer del desiderio di apprendere dovrebbe essere vista piuttosto come “precursori dello sviluppo di intenzioni legate all’apprendimento” (p. 289). Questa concettualizzazione si basa sul concetto di autoefficacia di Bandura (1977, 1997), secondo cui la motivazione deriva dalla convinzione e dalla fiducia nelle proprie capacità.
Altro elemento importante che si potenzia nell’apprendimento autonomo (LAP) è l’intraprendenza: Ponton, Carr e Derrick (2004) hanno definito l’intraprendenza e le altre categorie testate nel LAP, iniziativa e perseveranza, come “fattori conativi”, perché “rappresentano comportamenti intenzionali basati sulla presenza di motivazione e autoefficacia” (p. 62). Questi ricercatori sostengono che, nello sviluppo dell’autonomia dell’allievo, si inizia con l’accrescere il desiderio di apprendere (che definiscono una combinazione di motivazione e autoefficacia), per poi sviluppare le abilità di intraprendenza e autoregolazione. Da qui, la fase successiva della crescita di un allievo autonomo è la costruzione delle capacità che la LAP permette nel contesto metodologico applicato.
Il web è il più grande contenitore di informazioni mai esistito e ci fornisce l’opportunità di farci tantissime domande alle quali possiamo cercare di dare risposte: Non dobbiamo demonizzare, non dobbiamo evitare. Dobbiamo imparare a cercare le giuste informazioni nel maremagnum della rete imparando a conoscere i nostri preconcetti cognitivi. Oggi educare ad utilizzare la nostra naturale curiosità è elemento essenziale allo sviluppo di autoefficacia e pensiero critico. Quando eravamo piccoli non facevamo altro che chiedere il perché di qualsiasi cosa ai nostri genitori. Ci hanno insegnato a smettere di fare domande e a rispondere solo quando abbiamo la risposta giusta.
La curiosità è elemento fondamentale per aumentare le capacità di pensiero critico e umiltà intellettuale (predittiva del benessere futuro in misura largamente maggiore del Q.I. [Dehaene 2017]).
L’organizzazione dell’ambiente S.O.L.E. permette inoltre di accrescere l’empatia e il problem solving costringendo i partecipanti ad accogliere il punto di vista altrui.
S.O.L.E. PREVENZIONE è un metodo adatto a migliorare l’apprendimento ma anche, se non primariamente a prevenire disagio e comportamenti a rischio a partire dagli 8 anni perché le competenze che aiuta ad accrescere sono fondamentali per la responsabilità personale (si è attori protagonisti del proprio percorso di apprendimento) e la resilienza (l’errore è un’opportunità e non una macchia).
S.O.L.E. PREVENZIONE ha due moduli:
Modulo 8 – 12 anni: nel quale, oltre ad autoefficacia e pensiero critico si porta avanti un percorso sulle emozioni per imparare a riconoscerle e, seguendo gli studi sull’ Educazione Razionale Emotiva, gestirle.
Modulo 13 – 18 anni: nel quale si affrontano in maniera indiretta argomenti quali: bullismo, social, dipendenze, facendo in modo che, guidati dai facilitatori, siano i ragazzi stessi a trovare le “giuste” risposte alle domande che gli vengono fatte.
In entrambi i moduli, l’utilizzo di modalità interattiva e maieutica facilità l’apprendimento di competenze che non vengono indicate da un agente esterno ma sono frutto della libera riflessione dei partecipanti.
I moduli S.O.L.E. vengono monitorato ogni anno attraverso questionari validati pre e post, diversi per fascia di età, mostrando efficacia nel cambiamento degli atteggiamenti.
Dal 2013 il metodo S.O.L.E. ha avuto nel mondo un grande sviluppo: oggi S.O.L.E. Italia ha la possibilità di collaborare con le associazioni presenti, per esempio in Inghilterra, Giappone, Australia, Colombia e Sud Africa. In tutti questi paesi il metodo è adottato da migliaia di scuole e supportato da istituzioni e università. Nel 2018 è stato inserito dalla fondazione Hundred fra le migliori innovazioni educative del mondo e nel 2022 ha vinto il “Brock Prize in Education”
Qualche riferimento bibliografico:
- “Solo, but Not Alone: Exploring the Use of Self-Organized Learning Environments in Higher Education” di T. S. Roberts e S. McInnerney
- “Self-Organized Learning Environments: An Alternative Approach to Supporting Learner Autonomy” di Sugata Mitra
- “Self-Organized Learning Environments: A Review of the Literature” di A. K. Goktas, H. M. Yildirim, e E. Yildirim
- “Self-organized learning: Foundations, theories, and practices” di F. Fischer, S. Kollar, H. Mandl, e J. Haake
- “Self-Organized Learning Environments: Innovative Approaches to Support Student Learning and Engagement” di S. McInnerney e T. S. Roberts
- “Autonomous learning and effective online instruction: A literature review” di L. G. Zhang e J. Fulford
- “Self-Directed Learning: A Guide for Learners and Teachers” di D. Boud
- “Self-Regulated Learning and Academic Achievement: A Phenomenological View” di J. M. Corno e T. L. Rohrkemper.